L’Esodo Giuliano-Dalmata e la Nascita del Villaggio Dalmazia a Novara: Una Storia di Sradicamento e Rinascita
L’esodo dei giuliano-dalmati, iniziato nel 1943 e protrattosi fino al 1956, rappresenta una delle pagine più drammatiche della storia italiana del Novecento. Circa 280.000-300.000 italiani abbandonarono l’Istria, Fiume e la Dalmazia, territori ceduti alla Jugoslavia con il Trattato di Parigi del 1947, per sfuggire a violenze, repressioni politiche e alla radicale trasformazione socialista imposta dal regime di Tito . Questo movimento di massa, definito “esodo” per la sua dimensione biblica, fu caratterizzato da ondate successive: dall’abbandono di Zara dopo i bombardamenti alleati (1943-1944) alla fuga da Pola in seguito alla strage di Vergarolla (1946), fino all’esodo definitivo dalla Zona B del Territorio Libero di Trieste nel 1954 .

L’Arrivo in Italia e i Centri di Raccolta Profughi
Al loro arrivo in Italia, i profughi furono accolti in 109 Centri Raccolta Profughi (CRP) sparsi sul territorio nazionale, spesso ricavati da caserme, ex campi di prigionia o strutture precarie. Questi centri, gestiti dal Ministero dell’Interno, offrivano condizioni di vita difficili: promiscuità, carenze igieniche e diffidenza da parte delle comunità locali, che li accusavano di essere “fascisti in fuga” o di sottrarre risorse pubbliche .

A Novara, il Centro Raccolta Profughi della Caserma Perrone divenne un simbolo di questa fase. Attivo dal 1945 al 1956, ospitò circa 300 famiglie, molte delle quali provenivano dall’Istria e dalla Dalmazia. Le lettere del prefetto di Novara al Ministero degli Interni rivelano le difficoltà nell’assegnare alloggi: nel 1948 solo l’8-9% delle case popolari andò ai profughi, nonostante le loro esigenze fossero prioritarie . La situazione migliorò con la legge 137 del 1952, che stanziò 9 miliardi di lire per costruire abitazioni dedicate agli esuli, di cui 382 milioni destinati a Novara .
La Costruzione del Villaggio Dalmazia: Un Quartiere per Ricostruire
Il Villaggio Dalmazia, sorto nella periferia sud di Novara, fu il risultato concreto di questi sforzi. La scelta dell’area di Torrion Quartara nel 1953 fu dettata da criteri economici e logistici: basso costo dei terreni e presenza di trasporti pubblici verso il centro città . Il progetto, affidato all’Istituto Autonomo Case Popolari (IACP), prevedeva 302 alloggi distribuiti in 16 isolati, con servizi essenziali come negozi e un consultorio pediatrico. La prima pietra fu posata il 3 ottobre 1954, ma i lavori subirono ritardi burocratici, portando all’inaugurazione ufficiale solo nel 1956, alla presenza del sottosegretario Oscar Luigi Scalfaro .
Il Villaggio non era solo un insieme di case: divenne un microcosmo identitario, dove gli esuli mantennero tradizioni, dialetti e legami comunitari, evitando una seconda diaspora. Questo fu possibile grazie al trasferimento collettivo dal CRP della Caserma Perrone, avvenuto nella primavera del 1956, che preservò la coesione sociale .

Vita nel Villaggio: Tra Memoria e Integrazione
Nonostante l’assenza iniziale di scuole, asili e una chiesa (costruiti successivamente), il Villaggio Dalmazia si trasformò in un “rione completo”, dotato di servizi sociali. La comunità, composta principalmente da operai, artigiani e piccoli commercianti, affrontò sfide come l’integrazione con i novaresi, spesso diffidenti, e la gestione del trauma dello sradicamento. Testimonianze raccontano di “lacrime sui volti” durante le commemorazioni, come quelle per Norma Cossetto, vittima delle foibe, il cui ricordo è ancora vivo .
Importante fu anche il ruolo delle istituzioni culturali: l’Istituto Storico della Resistenza “Piero Fornara” organizzò convegni, mostre fotografiche come “Face de Villaggio” di Mario Finotti, e incontri letterari per preservare la memoria storica .
Il Convegno del 2024 e l’Eredità Storica
Nel 2024, in occasione dei 70 anni dalla posa della prima pietra, Novara ha celebrato l’anniversario con un convegno internazionale nell’Aula Magna dell’Università del Piemonte Orientale, situata proprio nell’ex Caserma Perrone. Storici come Enrico Miletto hanno presentato l’Atlante dei centri di raccolta profughi”, mappando i CRP italiani e sottolineando l’importanza di Novara nel contesto Nazionale . La mostra “Face de Villaggio” ha offerto uno sguardo intimo sulle identità preservate, mentre testimonianze dirette, come quella di Boris Cerovac (esule da Pinguente nel 1962), hanno ricordato le ferite psicologiche dell’esodo, analizzate anche dallo psichiatra Eugenio Borgna .
Conclusioni: Una Comunità che Resiste
Il Villaggio Dalmazia rappresenta oggi un simbolo di resilienza. Se da un lato l’esodo ha segnato la fine di un’epoca per le comunità italiane dell’Adriatico orientale, dall’altro ha generato una nuova identità, radicata nella memoria collettiva e nella volontà di tramandare valori come la pace e l’appartenenza. La storia di Novara, con la sua Caserma Perrone e il Villaggio, è un esempio di come l’accoglienza, seppur complessa, possa trasformarsi in un percorso di rinascita .




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