Caterina Mirlocca

Storie Interviste

Caterina e la storia di tante persone vissute al campo profughi e al villaggio Dalmazia

Caterina alla caserma Perrone

 Era il 24 dicembre del 1946, quando io, Caterina Mirlocca, nata a Tunisi nel 1930, con una sola valigia, salii su una nave che mi avrebbe condotto in Italia. se in una mano tenevo la mia valigia, nell’altra stringevo gli affetti in viaggio con me: i miei genitori italiani, mia sorella Maria e mio fratello Vito nati a Tunisi, una sorella era partita per la Francia col marito. era la sera del 25 dicembre 1946, si natale, quando con un treno arrivammo a Novara, per essere ospitati nel centro di raccolta profughi della ” caserma Perrone”. Faceva tanto freddo; noi non eravamo abituati, non avevamo né abbigliamento né scarpe adatte al clima. da lì a poco nevicò, la neve scese dal cielo come una magia, mai vista! siamo scesi tutti nel grande cortile e abbiamo giocato con la neve, e non sentivamo più il freddo. ricordo quel luogo, la caserma Perrone, un posto immenso con una grande scalinata che portava ai piani superiori. c’erano camerata enormi con le coperte militari appese, a delimitare il confine e la privacy delle famiglie. eravamo tutti una unica “casa” una unica “famiglia”, non c’erano porte tra noi se no quelle del bagno. ricordo lunghe file per prendere i pasti, per lavare indumenti e per l’igiene personale. era tutto così strano ma era la nostra quotidianità, che oggi lascia dietro di sé un po’ di nostalgia per quei bei tempi alla giovinezza e allo spirito di adattamento. quanti amici! si usciva tutti insieme ei novaresi avevano paura di noi, eravamo i mao-mao, dicevano ai loro bimbi di starci lontani avevano paura di noi; poi col tempo hanno compreso che abbiamo avuto solo la sfortuna di essere stati cacciati dalle nostre terre, chi dall’africa, Dalmazia, Istria, Venezia giulia, paesi est Europa, Bulgaria, Grecia, Turchia, Libia e altri paesi a causa della conseguenza della guerra. noi giovani vivevamo di colpe non nostre. frequentai, come tanti giovani, la scuola italiana all’interno del “campo” e poi una scuola professionale di sartoria. ci si aiutava tutti, ognuno metteva a disposizione ciò che aveva e sapeva fare lo feci anche io cucendo. dopo qualche anno arrivò mio fratello marco dalla Tunisia si ammalò di tubercolosi, all’epoca era una malattia grave e diffusa, ricoverato al sanatorio morì nel 1954. proprio in quell’anno l’amministrazione comunale di Novara decise che si sarebbero costruiti case dignitose nel nuovo quartiere in periferia, il villaggio Dalmazia e finalmente nel 1956 anche la mia famiglia ebbe un appartamento in va Pordenone 2, era strano tutta per noi e con le porte! conobbi in quegli anni un giovane simpatico poliziotto napoletano mi sposai nel 1961 restammo al villaggio dove sono nati e cresciuti i miei figli e figli di amici profughi , nel quartiere arrivarono anche famiglie dal sud Italia, e fu subito buona

convivenza e amicizia. i miei figli non si sono mai vergognati di essere figli di profuga ma fieri del mio trascorso. attraverso i nostri figli il “villaggio” continuerà a vivere come vivranno le testimonianze di “vissuto” di amicizia tra profughi e novaresi che nel corso del tempo sono diventati vicini di casa inseparabili. il mio ricordo resta a voi, perché io il 7 novembre 2023, dopo 10 lunghi anni al “campo” e 67 anni vissuti in questo “cuore al quadrato” raggiungo lassù i nostri cari lasciando in custodia alla nuova generazione questo angolo della periferia Novarese.

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