Simone Cristicchi

Sta per portare di nuovo nei teatri “Esodo”

Dal 3 febbraio inizieranno le date di “Esodo”, una rappresentazione in formato ridotto, ma ugualmente significativo e profondo, di “Magazzino 18”.

ESODO Racconto per voce, parole e immagini (di e con Simone Cristicchi, Corvino Produzioni) – Al Porto Vecchio di Trieste c’è un “luogo della memoria” particolarmente toccante: il Magazzino n. 18. Racconta di una pagina dolorosa della storia d’Italia, di una complessa vicenda del nostro Novecento mai abbastanza conosciuta, e se possibile resa ancora più straziante dal fatto che la sua memoria è stata affidata non a un imponente monumento ma a tante, piccole, umili testimonianze che appartengono alla quotidianità.

Nel porto vecchio di Trieste, il Magazzino N.18 conserva sedie, armadi, materassi, letti e stoviglie, fotografie, giocattoli, ogni bene comune nello scorrere di tante vite interrotte dalla storia, e dall’Esodo: con il Trattato di Pace del 1947 l’Italia perse vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e circa 300 mila persone scelsero – davanti a una situazione dolorosa e complessa – di lasciare le loro terre natali destinate a non essere più italiane.

Non è difficile immaginare quale fosse il loro stato d’animo, con quale e quanta sofferenza intere famiglie impacchettarono le loro cose lasciandosi alle spalle le case, le città, le radici. Davanti a loro difficoltà, paura, insicurezza, e tanta nostalgia.

Tra le varie date del tour di febbraio 2023, segnaliamo la doppia esibizione a Novara, presso il prestigioso Teatro Coccia: oltre alla rappresentazione serale del 6 febbraio, la mattina del 7 febbraio ci sarà, con la collaborazione del Comitato provinciale di Novara dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, uno spettacolo riservato agli studenti delle scuole.

Sport

Ricordi di Attività sportive

Cultura e Sport

Negli anni ’80, il gruppo sportivo Sacra Famiglia (SA.FA.) ha sperimentato un notevole sviluppo presso la parrocchia situata nel Villaggio Dalmazia. Il suo obiettivo principale era quello di mantenere unita una gioventù piuttosto eterogenea attraverso lo sport, le attività religiose e culturali. La SA.FA. includeva una squadra di pallavolo femminile allenata da Paola Pivari Conti e quattro squadre di calcio: i Pulcini, guidati da Gianni Curatolo, gli Esordienti allenati da Claudio Gioria (Caio), e gli Amatori seguiti dal tandem Lenaz F. e Palermo P. Nel 1987, la squadra SA.FA. Amatori, che si autotassava per giocare, senza alcun sponsor alle spalle, ha conquistato il titolo nel suo campionato di categoria.

 Il G.S Villaggio Dalmazia nasce nel luglio 1973

La squadra con il nome di ADRIATICO, viene iscritta al Campionato di TERZA CATEGORIA. Tra i fondatori, ricordiamo Petricich G., Delton A. Lucchetto O., Strozzi R., Lenaz F. Le partite casalinghe vengono disputate sul Campo del Torrion Quartara. Nel ’74, il campo parrocchiale al Villaggio D. è pronto e inizia un’avventura autofinanziata   dagli abitanti del Villaggio che ci porta

alla vittoria del campionato l’8 giugno 1980. Nel 1984, a causa dei forti aumenti dei costi di iscrizione, la SOCIETÀ cessa di esistere. Il Gruppo Sportivo Sa.Fa. ovvero Sacra Famiglia è il gruppo sportivo che nasce nel 1981, dopo la scomparsa del G.S. Villaggio Dalmazia, per tenere uniti nello sport i bambini, i giovani e adulti del quartiere. Del gruppo Sa. Fa. fanno parte quadre di pallavolo femminili e maschili.

Dalmazia Softball Club.

Nell’anno 1972 nasce la Società Sportiva Dalmazia Softball Novara che chiama a fungere da segretario il Signor Tognazzi Luigi.

È un’Associazione Sportiva dilettantistica senza fine di lucro che svolge la sua attività nel settore dell’associazionismo sportivo con l’obiettivo di promuovere e di fondere il gioco del baseball e softball nella città e nella Provincia di Novara. Questa Società sarebbe diventata una scuola di vita per numerose ragazze. In seguito, il settore femminile si unisce alla società Porta Mortara con la quale tutt’ora partecipa ai vari campionati.

Feste e Ricorrenze

Feste e ricorrenze

Alla caserma Perrone, la festa di San Vito era un’occasione speciale, caratterizzata da processione, messa solenne e diverse attività tradizionali. Oltre alle partite di calcio, si svolgevano giochi come la Corsa nei Sacchi, il Palo della Cuccagna e le Pignatte.

Nel Villaggio Dalmazia, le consuete tradizioni erano arricchite dal Banco di Beneficenza e dalla preparazione artigianale della Pastasciutta al sugo, curata da Lucia, Nucci e Luciana.

Con lo spostamento della festa nel cortile della nuova chiesa, la cucina veniva inizialmente allestita negli spogliatoi del campo di calcio e successivamente nei box sopra il cortile dell’oratorio. Man mano che la festa cresceva, venivano preparati piatti come la Paniscia e i Mititei, specialità rumene alla griglia. Il cortile veniva ristrutturato con pavimentazione, gradinate e un palco, e la cucina veniva trasferita all’interno del circolo, mentre una tettoia all’esterno proteggeva la griglia, le friggitrici e il forno per i dolci. La festa diventava sempre più grande, con l’introduzione di specialità regionali come i cevapcici e il baccalà mantecato (istriani), il gulasch e le palacincke ungheresi, e la paniscia, la polenta e il gorgonzola novaresi, che hanno reso celebri le feste del villaggio in tutta Novara e dintorni. Il Banco di Beneficenza e la Lotteria attiravano chi era in cerca di fortuna, mentre le sfilate del Palio della Fornace, insieme a gruppi folkloristici, animavano le strade del villaggio. Le serate erano allietate da orchestre nel piazzale dell’oratorio, che invitavano i ballerini a scatenarsi in pista. Scuole di ballo, maghi, imitatori e majorette animavano ulteriormente le serate. La festa, inizialmente di due giorni, si era via via estesa a tre, poi a sei, fino a protrarsi per altri tre giorni alla quarta domenica di settembre, in onore dei Santi Compatroni. Tra gli avvenimenti più memorabili, si ricordano il lancio con il paracadute al centro del campo sportivo, la carica della cavalleria sullo stesso campo e i fuochi d’artificio, realizzati grazie alle piccole donazioni raccolte dal compianto Leone. Un momento indelebile è stato la grande rimpatriata del 2004, che ha riunito quasi 500 persone che hanno vissuto nel villaggio, provenienti non solo da diverse parti d’Italia, ma anche da Germania, Stati Uniti, Australia e altre nazioni. Hanno condiviso un’indimenticabile esperienza di convivialità nel cortile e nei saloni parrocchiali, con abbondante cibo, bevande e canti. Un sentito ringraziamento è rivolto a tutti coloro che, con impegno e sacrificio, hanno reso possibile tutto ciò.

Integrazione  

Il villaggio di Dalmazia è un esempio di integrazione e convivenza tra diverse culture e tradizioni. Questi esuli portarono con sé la loro lingua, la loro religione, la loro gastronomia e le loro usanze, che si mescolarono con quelle dei locali piemontesi.

Nel corso degli anni, il villaggio ha accolto anche altre comunità di esuli provenienti da diverse parti del mondo, come i Rumeni, i Rodensi, i Tunisini e molti altri. Queste comunità hanno arricchito il patrimonio culturale del villaggio, creando un clima di tolleranza e rispetto reciproco. Il villaggio ha saputo mantenere vive le proprie radici, ma anche aprirsi al dialogo e allo scambio con le altre culture. Oggi, il villaggio Dalmazia è un luogo di pace e di armonia, dove si respira un’atmosfera di solidarietà e di amicizia. Il villaggio è famoso per le sue feste e le sue manifestazioni, che celebrano la diversità e l’unità delle sue genti. Il villaggio è anche un modello di sviluppo sostenibile, che valorizza le risorse naturali e le tradizioni locali. Il Villaggio Dalmazia è un esempio di come la convivenza tra diverse comunità di esuli possa essere una fonte di arricchimento e di crescita, e non di conflitto e di divisione. Il villaggio dimostra che la diversità non è un ostacolo, ma una risorsa, e che la cultura non è un elemento di separazione, ma di condivisione. Il villaggio è un simbolo di speranza e di futuro.

Le Donne del Villaggio

Le signore, le mamme già presso la Caserma Perrone lavoravano facendo lavori umili per aiutare le finanze familiari, come sarte, mondine e governanti presso le famiglie bene novaresi. Dagli anni ’50 con lo sviluppo delle grandi fabbriche in città furono assunte come operaie.

 Negli anni ’ 90, le ex mule della ex Villa Perrone, che una volta erano ragazze e insieme uscivano a ballare e andavano al cinema, decisero di ritrovarsi in allegria ricordando i bei tempi. Loro che in tutto questo tempo sono rimaste amiche e vicine di casa.

Tradizioni canore al Villaggio Dalmazia

Cineforum.

Nel nuovo salone parrocchiale dal 1975 fino ai primi anni “80 venivano proiettati film la domenica pomeriggio per adolescenti e la sera per i giovani. Ancora prima della costituzione della parrocchia i bimbi e adolescenti frequentavano il catechismo presso il Seminario Vescovile, adiacente al quartiere, e già allora venivano proiettati film la domenica pomeriggio.

Al villaggio della Dalmazia, le tradizioni canore hanno radici profonde che si intrecciano con il passato della caserma Perrone. Gli esuli erano soliti riunirsi sui gradini sotto il porticato, regalando alle serate un’atmosfera vivace con canti popolari e melodie che risuonavano nell’aria.

Questa affascinante tradizione ha resistito alle prove del tempo, e ancora oggi, al bar o alle feste, i canti continuano ad accompagnare le giornate. Le sonorità di strumenti di Caio e Pagogna si fondono armoniosamente, creando un sottofondo musicale che diventa parte integrante della vita quotidiana. Durante le festività pasquali e natalizie, le cantate si prolungano fino a tarda notte, mentre quantità generose di vino scorrono tra gli amici riuniti. Un’indimenticabile serata segna una svolta nella storia musicale del villaggio. In una di queste serate compare Enrico Re, un colonnello dell’esercito un tempo compagno di scuola al conservatorio del celebre musicista Cantelli. Il maestro Re, entusiasta delle potenzialità della comunità nel canto a più voci, propone di formare un coro composto da 30 elementi, con lui come direttore. Il coro, arricchito da inserimenti di pezzi operistici, diventa una presenza costante fino agli anni settanta. Dopo un breve periodo di pausa, la tradizione si rinnova sotto la guida di Don Maurizio Gagliardini, che porta avanti il testimone con dedizione e passione.

Nel 1996 e nel 1997 i ragazzi del “vecchio gruppo giovanile “animatori degli anni ottanta decise di ritrovarsi, e avendo tutti la passione per il canto, si riuniscono in uno spettacolo musicale intitolato Con amicizia, e verrà proposto in vari quartieri e Parrocchie di Novara.

Nel nuovo millennio, la corale, da quel momento diretta dal maestro Rossitto, riceve un’onorevole invito al Giubileo delle Corali presso la Città del Vaticano nel 2016.

Il 2019 segna un nuovo capitolo emozionante. Nasce la Corale Fiume Istria Dalmazia, unisce le voci e le canzoni delle terre native. Con entusiasmo, collaborano alla creazione di un CD che raccoglie un vasto repertorio di melodie, testimonianza della ricca tradizione musicale delle nostre terre.

Così, noi del Villaggio Dalmazia continuiamo a custodire gelosamente le nostre tradizioni canore, tramandandole di generazione in generazione, unendo passato e presente in un armonioso canto che risuona nelle anime della comunità.

Adelia Valencich

Fiumana, giunta a Novara alla caserma Perroni come rifugiata, ha lasciato un’impronta indelebile nel softball italiano. Nel 1970, ha iniziato la sua carriera nella squadra di Novara, scalando le serie “B” e “A” grazie al suo talento. La sua abilità l’ha portata a essere convocata nella nazionale italiana nello stesso anno, continuando a rappresentare il paese nelle stagioni successive. Purtroppo, ha dovuto rinunciare a ulteriori convocazioni a causa dei suoi impegni lavorativi.

Altro su Adelia Valencich

http://www.panathlon-novara.it/50/152.pdf

http://www.fastpitch.it/valencich.htm

Gianna Coslovi

Gianna Coslovi .Si è avvicinata alla pallacanestro presso il Gruppo Sportivo Wild (con propria palestra nel quartiere di sant’Agabio) dove Dino Manzi stava formando un vivaio molto interessante. Questa squadra femminile è via via cresciuta sino a diventare la più importante di Novara e provincia. Ha partecipato a diversi campionati di promozione e di serie B, giungendo a risultati prestigiosi che hanno messo in evidenza le capacità di Gianna Coslovi nel ruolo fondamentale di pivot. Gianna ebbe la soddisfazione di essere convocata nella Nazionale di Pallacanestro azzurra.

Giovanni Udovicich (Nini)

Con le sue 516 presenze in maglia azzurra, rappresenta il record di fedeltà sicuramente imbattibile. La sua figura alta, la sua calvizie già in età giovanile ne hanno fatto un personaggio ancor prima che raggiungesse l’incredibile record che ben pochi possono vantare (Boniperti, Baresi F., e pochi altri) di aver vestito per così lungo tempo solo una casacca, quella azzurra del Novara. Nini, profugo della Dalmazia, nella folgore della sua carriera ha ricevuto offerte allettanti per giocare in serie A, ma lui ha sempre rifiutato con orgoglio rimanendo al Novara. Si era parlato di un interessamento della Roma. Sta di fatto che Udovicich a Novara e nel Novara si trovava bene e mai ha voluto abbandonare la sua città adottiva. Poche parole e tanti fatti sembrava il suo motto, sta di fatto che sotto il Nini si fermarono punte del calibro di Graziani, Pulici, Pruzzo, Anastasi e tanti altri.

Il Distacco

La Mostra

E così con foto e documenti raccolti dall’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea nel Novarese e nel Verbano Cusio Ossola “Piero Fornara” ei testi del dott. Antonio Leone possiamo ripercorrere quale era la vita dei nostri connazionali nella caserma Perrone prima e nel villaggio Dalmazia successivamente.

Grazie poi alla collaborazione tra Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia e Fondazione Castello in questo viaggio della memoria, ci sono anche i documenti e le foto di coloro che in quegli anni, nella loro primissima giovinezza, si ritrovarono in una nuova città: foto dei loro album di famiglia, le foto portate con sé per ricordare le origini e coloro che hanno lasciato indietro.

Per aiutare a ricostruire le storie di queste foto, durante il periodo della mostra chi riconoscerà un volto o un luogo potrà scrivere i dettagli, la storia dietro la foto appunto, negli appositi spazi.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per uno dei suoi interventi nella Giornata del Ricordo ha sottolineato come “oggi il vero avversario da battere più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e degli eventi”.

Proprio con questa mostra speriamo di mettere un piccolo ma importante tassello nella battaglia contro quell’avversario insidioso a cui si riferiva il Presidente della Repubblica e aiutare a far conoscere questa parte della storia dell’esodo giuliano-dalmata: la fine di un viaggio tragico ma che rappresenta l’inizio di una vita nuova nella Patria che avevano così fortemente scelto e soprattutto nella città che li ha accolti.

Foto

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Antonio Leone

Profughi. Racconti di italiani arrivati nella Novara del dopoguerra

Regia: Antonio Leone, Mauro Begozzi, Eligio Pastrovicchio
Durata: 85’
Anno: 2009 (col.)
Produzione: Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea nel Novarese e nel VCO “P. Fornara”,  con il contributo della Provincia di Novara e del Consiglio Regionale del Piemonte, Comitato per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana.

Sinossi: Storia a più voci dell’esodo degli istriani, giuliani e dalmati, nonché degli italiani rimpatriati dai paesi a cui l’Italia aveva dichiarato guerra e del loro arrivo a Novara nel secondo dopoguerra. Una raccolta di testimonianze, immagini e filmati inediti che ricostruisce la tragedia del “distacco” e le difficoltà dell’inserimento: dal campo profughi (ex Caserma Perrone) alla costruzione del Villaggio Dalmazia. Voci di: Italia Cannavò, Gina Decleva, don Teresio Giacobino, Claudio Gioria, Piero Fioretti, Dario Hagendofer, Giuliano Koten, Policarpo Mallamo, Gabriella Mitton, Abdom Pamich, suor Giacinta Rigolli, Antonio Sardi, Otello Soiatti, Luciano Tenderini, Romano Vinago, Piero Visintin, Ausilia Zanghirella.

La Chiesa

Il 19 gennaio 1958, Mons. Poletti, inaugura e apre al culto la “Chiesetta provvisoria”al centro del Villaggio.

All’inizio non esiste una chiesa: sarà il Seminario ad ospitare, per le messe e l’oratorio i nuovi arrivati. Nel 1957 si provvede alla costruzione di una Cappella che avrebbe dovuto essere provvisoria su un’area presa in affitto dall’Amministrazione Comunale.

Con l’inaugurazione della nuova Chiesa nel 1970 le funzioni religiose della “Chiesetta” vengono interrotte e l’edificio reso al Comune di Novara. I giovani volontari del Villaggio nel 1976 volendo recuperare la struttura da utilizzare per varie attività ricreative e culturali, sotto la guida del geometra Lucio Cardinali, ottenendo i materiali dall’amministrazione comunale per la ristrutturazione del controsoffitto, del basamento delle colonne e altri ritocchi,i misero la loro manodopera e tempo libero sotto il controllo del capomastro signor Palmiro Pili. Questo’ ricorda Giuseppe Ricotta, per gli amici del villaggio “Ciccio”, essendo stato egli stesso uno di quei giovani insieme a Giuliano Koten, Nicola Casciano, Giorgio Facchin, Tonino Lioi, Cristiano Macini, Nardino Germano.

La Parrocchia della Sacra Famiglia

Viene eretta Parrocchia a pieno titolo il 1° settembre 1962 conservando il titolo “Sacra Famiglia” perché, afferma ancora don Teresio, già la cappella del Campo profughi era intitolata alla S. Famiglia.

La vicenda dei profughi

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Gli abitanti che per primi si sono stanziati al Villaggio provengono da zone molto diverse: Quarnaro, Romania, Grecia, Turchia, Libia, Tunisia, e persino Bulgaria e Ungheria. La maggior parte di loro, però, è originaria di Istria e Dalmazia. L’Istria ha sempre vissuto la presenza di popolazioni ed etnie diverse in un equilibrio delicato che si rompe quando, durante gli anni della occupazione da parte della dittatura fascista italiana, viene promossa una politica di italianizzazione a scapito della componente slava. Passata dopo l’8 settembre 1943 sotto l’amministrazione del Reich tedesco, nella primavera del 1945 viene occupata dalle truppe jugoslave di Tito, che inizia una eliminazione ed epurazione sistematica della popolazione italiana, accusata di essere avversa al suo regime. Si accentua da questo momento un vero e proprio esodo, già parzialmente iniziato nel 1943, che assume il carattere di una migrazione forzata e di una espulsione di massa della componente italiana della popolazione. Si calcola che a partire dal ’43 fino al ’56, circa 280.000/350.000 esuli siano giunti in Italia. Inizialmente sono accolti nei centri di raccolta e nei campi profughi, di solito edifici in disuso quali caserme, scuole, ospedali, conventi, talvolta addirittura ex campi di sterminio quali la Risiera di San Sabba a Trieste. In Piemonte vengono istituiti tre campi, a Torino, a Tortona e a Novara. La Caserma Perrone di Novara diventa centro di raccolta per profughi nel settembre del ’45. Tra il 1946 e il giugno del 1956, quando il campo chiude i battenti, ospita mediamente dalle 1000 alle 1100 persone. Gli enti assistenziali si occupano di corrispondere ai profughi sussidi in denaro, forniture alimentari e generi di prima necessità, tuttavia il disagio resta comunque grande. Le condizioni non sono certo ottimali: interi nuclei familiari sono ospitati in spazi ridotti, in situazioni di promiscuità e in condizioni igieniche precarie.  Nel campo sono presenti un’infermeria, un asilo, una scuola elementare e una cappella, oltre ad una serie di attività commerciali gestite dai profughi stessi. La vita quotidiana è scandita con grande precisione dalla Direzione del Campo. I profughi devono sottostare ad un regolamento rigido che prevede per ognuno compiti e turni per le varie attività. Non possono uscire la sera, se non con il permesso del Commissario e comunque il Campo chiude alle 23. Questo non facilita certo l’integrazione con gli abitanti della città! Nel ’52 un piano governativo di edilizia nazionale dà l’avvio alla edificazione di quartieri da destinare ai profughi. Si tratta in genere di strutture periferiche dislocate in aree scarsamente abitate delle città che avrebbero dovuto consentire alle famiglie ospitate il mantenimento di usi e tradizioni dei luoghi abbandonati. A Novara l’area scelta è quella della periferia sud, tra il rione Cittadella e il Torrion Quartara. Il 3 ottobre del ’54 viene posata la prima pietra del Villaggio Dalmazia.

 La Caserma Perrone

Dalla caserma Perrone Al Villaggio Dalmazia

Tutto nasce quando, nel 1956, si insediano nel Villaggio Dalmazia le famiglie dei profughi dell’Istria e Dalmazia e quelle “rimpatriate” dell’est europeo (Romania, Bulgaria, Grecia, Turchia, Tunisia, Grecia…) che erano state fino a quel momento ospiti del Centro di Raccolta situato nella Caserma Perrone. Se si parla con coloro che hanno vissuto questa esperienza, si ha l’immagine di una situazione precaria e disagiata. I nuclei familiari vivevano in spazi ristretti, a volte le camerate della caserma divise semplicemente da coperte che fungevano da pareti, con molti servizi in comune. È facile capire come la privacy non esistesse e come abitudini differenti fossero causa di tensioni tra le famiglie e i diversi gruppi. Una situazione che impedisce il crearsi di una vera comunità, perché le difficoltà della promiscuità hanno sovente il sopravvento anche sulla necessità di una solidarietà che aiuti tutte queste persone, sradicate dai loro luoghi d’origine e che si trovano a vivere in un ambiente, se non ostile, certo non molto accogliente. Dice Ausilia Zanghirella: «Per noi era bello essere tutti insieme, giocavamo, ci divertivamo!». E la stessa cosa sottolinea Giuliano Koten: «C’erano i giochi insieme, i canti, le suore che ci ricreavano una sorta di oratorio!». Le suore appunto! sono loro a cui si dev la prima attività pastorale tra i profughi. Suor Florida e Suor Maria Giacinta saranno figure importanti nella formazione di questa comunità. Suor Maria Giacinta è molto giovane quando viene inviata alla Caserma Perrone per quella che lei definisce una “esperienza di vita coi profughi”. «Io avevo appena finito il noviziato e molti dei profughi sono venuti a Mortara per accompagnarmi nel giorno della mia professione. Per loro, io e Suor Florida eravamo un punto di riferimento. Noi vivevamo con loro, condividendo in pieno la loro vita». Scriverà più tardi Elda Ghira «Ricordo le panche sotto i platani e loro curavano le nostre bambine nel ricamo, nei lavori e poi, la preparazione religiosa, i canti, i giochi, le feste, le recite, le gite, sempre con noi e senza limitazione di tempo. Sì hanno mangiato, bevuto, dormito poco e tanto, tanto lavorato». Sono le suore la presenza continua a cui tutti fanno riferimento, a cui si possono confidare preoccupazioni e speranze, che tutti trovano sempre disponibili in qualsiasi momento lieto o doloroso. Sarà per questo che al momento del trasferimento nelle nuove case del Villaggio Dalmazia i profughi si batteranno perché anche le suore possano seguirli.Il villaggio Dalmazia: Una nuova casa per i